Un agghiacciante ricordo che mai dovrà spegnersi, arrivano i primi soccorsi in via D’Amelio e lo scenario è terrificante: un inferno di fiamme, morte e distruzione che divora i corpi ormai senza vita del giudice Paolo Borsellino, procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo, e degli agenti della scorta (Claudio Traina, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Eddie Walter Cosina).
Un magistrato simbolo della lotta alla mafia è barbaramente ucciso davanti all’abitazione della madre, pochi mesi dopo l’assassinio dell’amico e collega Giovanni Falcone.
Troppi lati oscuri come la scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino allungano i tempi delle indagini e del processo che s’intreccerà con quello sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, per cui si arriverà a parlare di “strage di Stato”.
L’episodio segna uno spartiacque nella storia d’Italia ispirando un ampio movimento di lotta alla mafia che coinvolge soprattutto i giovani.
Sul piano giudiziario nel 2008, grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, emergono le responsabilità del clan mafioso Brancaccio, dal quale lo stesso Spatuzza era stato incaricato di rubare la Fiat 126, imbottita di tritolo.
Parallelamente, un’altra indagine della Procura di Caltanissetta, relativa alla presunta trattativa Stato-Mafia, cerca di fare luce sui collegamenti tra questo filone e quello sulla strage di via D’Amelio, quest’ultima al centro di un quarto processo, avviato nel marzo del 2013.
Per Franco Fasola Segretario responsabile dell’Ugl di Palermo e Filippo Virzì Portavoce dell’Ugldel capoluogo regionale:”Sono stati 27 anni di depistaggi e tradimenti, è una pagina oscura della vita di noi tutti perché noi tutti siamo stati colpiti, non bisogna mai spegnere i riflettori, che non sia una semplice commemorazione, che se ne parli sempre ogni giorno, così come ribadiva lo stesso Borsellino con le sue parole, parlate della mafia, parlatene alla radio, in televisione, sui giornali, però parlatene”.
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